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> Olocausto, Esiste o no?
Esiste l'olocausto?
OLOCAUSTO
SI [ 24 ] ** [88.89%]
NO [ 3 ] ** [11.11%]
Voti Totali: 31
  
goku7
messaggio Oct 1 2007, 05:08 PM
Messaggio #1


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Bè esprimetevi con tanto di motivazione.. Grazie a tutti

Messaggio modificato da goku7 il Oct 1 2007, 05:09 PM


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MajinGogetaSSj4
messaggio Oct 2 2007, 06:07 PM
Messaggio #2


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2° Parte
P.S. Vegeta666, prima leggi tutto, poi commenta...

La genesi del mito di Auschwitz

Nel New York Times del 27 agosto 1943 si poteva leggere a proposito di Auschwitz:

«Le condizioni di vita sono particolarmente dure nel campo di Oswiecim (Auschwitz). Secondo stime, 58.000 persone vi sono perite.»

Sorprendente è che il numero di vittime stimato era piuttosto al di sotto della realtà, mentre la menzione delle dure condizioni di lavoro era esatta. È impossibile tuttavia che gli Alleati abbiano ignorato per due anni ciò che davvero avveniva nel più grande dei campi di concentramento germanici. È solo nel corso del penultimo anno di guerra che la leggenda prende forma concretamente.

Arthur Butz ha magistralmente dimostrato, nella sua opera "The Hoax of the Twentieth Century", come la propaganda su Auschwitz sia cominciata all'inizio dell'estate 1944, con dei racconti sulla gassazione di 400.000 ebrei ungheresi a Birkenau.
Era logico che i creatori del mito delle camere a gas facessero di Auschwitz il centro della loro propaganda. Era il campo più importante, aveva registrato, per epidemie di tifo, elevati tassi di mortalità ed era fornito di crematori. Non si potevano sognare condizioni più favorevoli alla nascita di un mito. Inoltre, Birkenau faceva funzione di campo di transito per gli ebrei trasferiti all'Est. Un immenso complesso concentrazionario, un tasso di decessi elevato, un veleno a base di acido cianidrico utilizzato massivamente (lo Zyklon era consegnato anche a circa quaranta sotto-campi), migliaia di deportati ebrei che arrivavano a Birkenau e che sarebbero scomparsi poco tempo dopo, apparentemente senza lasciare traccia, senza contare le selezioni nel corso delle quali si separavano i detenuti atti al lavoro da quelli inabili.

Auschwitz fu occupata dai sovietici il 27 gennaio 1945. Fin dal 2 febbraio appariva nella Pravda un lungo elenco delle atrocità che vi erano state perpetrate, un racconto in cui si poteva leggere in particolare questo:

«Le camere a gas collocate nella parte orientale del campo erano state trasformate. Le si erano provviste anche di torrette e di ornamenti architettonici, di modo che avessero l'aspetto di inoffensivi garages [...] Essi [i tedeschi] spianarono le «antiche fosse», dove risultavano dei rilievi, rimossero e distrussero le tracce del sistema della catena di montaggio dove centinaia di persone erano state uccise ogni giorno con la corrente elettrica [...]» (citato nel n•della rivista Historische Tatsachen. Robert Faurisson è stato il primo a prestare attenzione all'articolo della Pravda).

Nessuno storico ha mai preteso che vi fossero camere a gas nella parte orientale del campo (o a Monowitz) e, da allora, non si è più sentito parlare del sistema della catena di montaggio che permetteva di uccidere con la corrente elettrica le persone. Quanto alle camere a gas di Birkenau situate nella parte occidentale del complesso di Auschwitz, la Pravda non le menzionava neppure! Ciò prova che all'epoca gli Alleati non si erano ancora messi d'accordo sulla versione ufficiale.
Dopo la liberazione, il campo venne chiuso. Poi, solo pochi osservatori occidentali scelti con molta cura vi furono ammessi, fino a che non si giunse all'apertura del museo di Auschwitz.

Terminata la guerra, gli inglesi cercarono febbrilmente Rudolf Höss, che doveva diventare il testimone chiave del più grande crimine di tutti i tempi. Ma Höss si era nascosto e viveva sotto il nome di Franz Lang in una fattoria dello Schleswig-Holstein. Un distaccamento britannico finì per scovarlo nel marzo 1946. Nel suo libro Legions of Death (Arrow Books Limited, 1983, p.e sgg.) lo scrittore inglese Rupert Butler descrive come è stata ottenuta la confessione di Höss.

Butler s'appoggia alle dichiarazioni del sergente ebreo-britannico Clarke che ha diretto l'arresto e l'interrogatorio del primo comandante di Auschwitz:

«Höss lanciò un grido alla semplice vista delle uniformi britanniche. Clarke urlò: `"Il tuo nome?"
Ogni volta che la risposta era "Franz Lang", Clarke abbatteva il suo pugno sulla faccia del prigioniero. Al quarto colpo, Höss crollò e ammise la sua identità. [...]
Improvvisamente il prigioniero fu strappato dalla sua cuccetta e gli stracciò il pigiama. Fu poi trascinato nudo verso una tavola di tortura e là Clarke credette che colpi e grida non avrebbero avuto mai fine [...]
Si gettò su Höss una coperta e fu trascinato verso la vettura di Clarke dove quest'ultimo gli versò in gola un bicchierone di whisky. Mentre Höss cercava di dormire, Clarke gli punzecchiava le palpebre col suo bastone urlandogli in tedesco: "Tieni aperti i tuoi occhi di maiale, razza di porco!" [...]»

Ci vollero tre giorni per ottenere [da Höss] una dichiarazione coerente (traduzione presa da Annales d'histoire révisionniste n• l, primavera 1987, pp. 145-146).

Adesso, dopo mezzo secolo, il popolo germanico è sotto l'accusa mostruosa di aver pronunciato contro gli ebrei una condanna a morte collettiva e, nella misura in cui aveva potuto mettere le mani su di loro, di averli annientati con un massacro commesso a sangue freddo. La base principale di questa accusa è una confessione estorta con la tortura.

In verità gli accusatori hanno involontariamente commesso qualche errore a dir poco imbarazzante. Hanno inventato un campo di sterminio, quello di «Wolzek», ossia hanno lasciato che Höss ne inventasse uno, e hanno costretto Höss a confessare che aveva visitato fin dal giugno 1941 il campo di Treblinka, che fu invece inaugurato tredici mesi più tardi.

Dopo aver testimoniato a Norimberga, Höss fu rimandato in Polonia. Nella prigione di Cracovia redasse la sua biografia, di cui si può supporre che sia esatta in gran parte, nonché le sue note sullo sterminio degli ebrei ad Auschwitz. Non sapremo mai se le cose incredibili che Höss ha raccontato nella sua descrizione del processo di gassazione e di cremazione siano nate nell'immaginazione del suo guardiano o se lui abbia avuto l'intelligenza di descrivere, per calcolo, delle operazioni tecnicamente impossibili destinate ad attirare, prima o poi, l'attenzione critica degli storici.

Benché Auschwitz sia stata designata, fin dal processo di Norimberga, come il centro dello sterminio degli ebrei, fino al 1960 si è parlato molto di più di Dachau e della sua o delle sue camere a gas. Ma il mito delle camere a gas del Reich tedesco ha finito per cedere, perché le prove che gli si opponevano erano troppo pesanti. Da qui il trasporto delle camere a gas dietro la Cortina di Ferro.

Il Museo di Auschwitz ha preteso fino al 1990 che 4 milioni di persone fossero state assassinate in questo campo. Di colpo, senza fornire spiegazioni, si sono recentemente ridotte queste cifre a «poco più di un milione», riconoscendo così che ci si era ingannati per mezzo secolo. Ma la nuova cifra non è provata più di quanto lo fosse la vecchia.

Secondo il ricercatore italiano che più d'ogni altro si è specializzato su Auschwitz, Carlo Mattogno, la cifra dei decessi in questo campo sarebbe attorno a 170.000 unità, il 50 % ebrei (Ernst Gauss, Grundlagen, pp. 306-307).

Ma Hitler non aveva «annunciato» l'Olocausto?

In mancanza di prove dell'assassinio di milioni di ebrei, gli sterminazionisti producono citazioni di Hitler e di altri gerarchi nazionalsocialisti, che minacciano gli ebrei di sterminio. Nell'ultimo capitolo del secondo volume del Mein Kampf, si può leggere così:

«Se, all'inizio e nel corso della guerra, si fossero sottoposti una sola volta dodici o quindicimila di questi ebrei corruttori del popolo ai gas tossici che centinaia di migliaia dei nostri migliori lavoratori tedeschi di ogni provenienza e professione hanno dovuto subire in guerra, il sacrificio di milioni di uomini sul fronte non sarebbe stato vano.»

Il contesto in cui si situa il passaggio mostra per intero, col numero da dodici a quindicimila persone da eliminare, che Hitler non annoverava tra i suoi progetti lo sterminio degli ebrei nella loro totalità, ma solamente la liquidazione di quelli attivi nel movimento marxista e che reputava responsabili della disfatta della Germania nella prima guerra mondiale.

Sono rari i libri di storia che non menzionino il discorso di Hitler del 30 giugno 1939, in cui il dittatore dichiarava:

«Se i circoli ebrei internazionali finanziari, dentro e fuori dell'Europa, dovessero riuscire a trascinare i popoli in una nuova guerra mondiale, i risultati non sarebbero la bolscevizzazione della Terra e di conseguenza la vittoria del giudaismo, ma l'annientamento della razza ebrea in Europa.»

Questi propositi costituiscono senza dubbio una chiara minaccia. Ma non bisogna perdere di vista che l'uso di un linguaggio minaccioso era da sempre tipico del movimento nazional-socialista, che aveva dovuto mostrarsi aggressivo fin dall'inizio, negli scontri di strada o nei dibattiti che l'avevano opposto all'estrema sinistra. I nazional-socialisti erano abituati ad utilizzare parole come «distruggere» o «annientare». Esistono d'altronde anche da parte degli Alleati una quantità di citazioni dello stesso genere: ed anche Churchill ha detto, il giorno in cui l'Inghilterra ha dichiarato guerra alla Germania, che lo scopo della guerra era «la distruzione della Germania». Nessuno ha avuto l'idea di imputare a Churchill l'intenzione di sterminare fisicamente il popolo tedesco. In tempo di guerra, i propositi sanguinari di questo tipo sono frasi non insolite.

Dando a tale citazione valore di prova dell'Olocausto, gli sterminazionisti cadono in una contraddizione insolubile: quando si chiede loro perché non esista documento sul genocidio né fosse comuni piene di vittime dell'Olocausto, essi rispondono che i tedeschi hanno voluto nascondere i loro crimini agli occhi del mondo e che, di conseguenza, si sono astenuti dal redigere documenti e hanno fatto sparire tutti i cadaveri delle vittime; ma secondo gli stessi sterminazionisti, i dirigenti nazisti non avrebbero provato alcun disagio a preannunciare con grande anticipo i loro piani di genocidio.

Il processo di Norimberga

Poiché non vi sono prove dell'Olocausto - niente documenti, niente cadaveri, niente armi del crimine - e le sole minacce in sede politica di Hitler costituiscono un fondamento veramente troppo scarno per un'accusa così grave, i tribunali dopo la guerra furono incaricati dai vincitori, poi dai governi tedeschi successivi, di trovare le prove di un genocidio perpetrato su milioni di persone nelle camere a gas, senza che del delitto fosse rimasta la minima traccia.

L'obiettivo del processo di Norimberga è stato quello di configurare un crimine, unico nella storia mondiale, attribuendolo ai tedeschi.

Certo le potenze occidentali non hanno indietreggiato, nell'occasione, davanti alle torture fisiche - si pensi a Rudolf Höss e ai guardiani di Dachau - ma essi hanno generalmente utilizzato una tattica più sottile: poiché l'Olocausto era da considerarsi come un fatto definitivamente stabilito, gli accusatori han dato prova di una grande disinvoltura quanto alla colpevolezza individuale di tale o talaltro accusato.

È così che una figura importante come il ministro degli armamenti Albert Speer è potuto sfuggire alla forca ammettendo l'Olocausto e riconoscendo la propria complicità morale. Durante processi successivi contro nazisti di secondo ordine, gli accusati sono ricorsi, spesso con successo, alla tattica consistente nel riversare qualsiasi colpa su superiori morti o scomparsi.
L'articolo 19 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale (TMI) nato dall'Accordo di Londra firmato dagli Alleati l'8 agosto 1945, e base del processo di Norimberga, prevedeva che «Il Tribunale non sarà tenuto alle regole tecniche relative all'amministrazione delle prove [...]»: ogni documento che il tribunale giudicasse aver valore di prova era ammesso. Il tribunale poteva accettare corpi di reato senza assicurarsi della loro affidabilità e rigettare le prove a discarico senza darne i motivi. Ciò significa chiaramente che si potevano a volontà forgiare dei corpi di reato e ignorare delle prove a discarico.
Inoltre l'articolo 21 dello statuto stabiliva che «Il Tribunale non esigerà che sia presentata prova di fatti di pubblica notorietà, ma li darà per acquisiti [...]». Era lo stesso tribunale a decidere cosa fosse «un fatto di pubblica notorietà». Cosicché la colpevolezza degli accusati era stabilita per principio, poiché l'Olocausto e le altre colpe che pesavano su di essi erano dei fatti di «notorietà pubblica».

Solo chi ha letto di persona i documenti di Norimberga può rendersi conto del carattere semplicemente strampalato delle accuse che i vincitori hanno portato contro i vinti. Noi diamo qui due esempi di cose «sorprendenti» che sono state rimproverate ai tedeschi a Norimberga.

Contrariamente all'opinione largamente corrente, i tedeschi disponevano sotto Hitler della bomba atomica; essi non l'hanno tuttavia utilizzata per combattere gli Alleati, ma unicamente per assassinare gli ebrei, come mostra il dialogo seguente fra il procuratore americano Jackson e Albert Speer:

«Jackson: E certe ricerche ed esperimenti sono stati anche realizzati in materia di energia atomica, non è vero?
Speer: Non eravamo sfortunatamente così lontani, poiché, siccome le migliori forze che noi avevamo in materia di ricerche atomiche erano emigrate in America, eravamo molto in ritardo nel campo della ricerca atomica e ci occorrevano ancora da due a tre anni perché noi potessimo forse ottenere una fissione atomica.
Jackson: Mi sono stati mandati certi rapporti su di un esperimento realizzato in prossimità di Auschwitz e mi piacerebbe sapere se voi ne avete sentito parlare e se voi ne sapete qualcosa. Il fine di questi esperimenti era scoprire un mezzo efficace che permettesse di annientare persone nella maniera più rapida, senza dover costringere - come si era fatto prima - a fucilare, gassare o bruciare. Secondo quello che mi hanno riferito, l'esperimento è stato realizzato nel seguente modo: si alloggiarono 20.000 ebrei in un piccolo villaggio provvisorio costruito tempestivamente a questo fine. Questi 20.000 ebrei furono annientati pressoché istantaneamente con l'aiuto di materiali di distruzione appena inventati, e, in modo tale che non ne restò la minima traccia. L'esplosione provocò una temperatura da 440 a 500 gradi Celsius e distrusse le persone in modo tale che non lasciarono alcuna traccia del tutto.»
(Processo dei grandi criminali di guerra davanti al tribunale militare internazionale, Norimberga, 14 novembre 1945 - 1 Ottobre 1946, volume XVI, pp. 579-580).

Secondo le accuse sovietiche, i tedeschi hanno assassinato nel campo di concentramento di Sachsenhausen non meno di 840.000 prigionieri di guerra russi procedendo come segue:

«Nel piccolo locale c'era un'apertura di circa 50 cm. I prigionieri di guerra si dovevano mettere con la testa all'altezza del buco ed un tiratore che si trovava dietro il buco gli sparava. Ma questo dispositivo era in pratica insufficiente, poiché, spesso, il tiratore non colpiva il prigioniero. In capo ad otto giorni si creò un nuovo dispositivo. Il prigioniero era piazzato, come prima, presso la parete; poi si faceva scendere lentamente una piastra di ferro sulla sua testa. Il prigioniero di guerra aveva l'impressione che si volesse misurare la sua altezza. C'era nella piastra di ferro un chiodo e affondava nella nuca del prigioniero. Questi crollava morto sul pavimento. La piastra di ferro era azionata per mezzo di una leva a pedale che si trovava in un angolo di questo locale.» (op. cit. volume VII, pagg. 416-417).

Secondo l'accusa, i cadaveri di 840.000 prigionieri di guerra assassinati in tal modo erano stati incineriti in quattro crematori mobili montati sul rimorchio di un camion. Né l'ammazzatoio a pedale, né i crematori mobili capaci di incinerire ciascuno 210.000 cadaveri in un tempo record, né gli innumerevoli altri prodigi tecnici descritti a Norimberga sono stati presentati al tribunale come corpo del reato. Ma l'assenza del corpus delicti è stata largamente controbilanciata dalle dichiarazioni scritte di testimoni che deponevano sotto giuramento.

I processi per i campi di concentramento nella Germania dell'Ovest

È semplicemente penoso spiegarsi perché il governo tedesco istruisca ancor oggi processi contro pretesi criminali di guerra. Queste le ragioni:

Mentre le strutture politiche della RDT sono state create dall'occupante sovietico, quelle della RFT si sono formate sotto il controllo degli occupanti occidentali, degli Stati Uniti in primo luogo. Gli americani hanno naturalmente sorvegliato che nessun dirigente dello Stato tedesco dimezzato, che essi avevano tenuto a battesimo, si discostasse dalla loro linea sui punti importanti. In seguito, il sistema politico si é riprodotto spontaneamente. Si tratta di una tendenza ormai intrinseca alle strutture gerarchiche - d'altra parte, nessun ateo o libero pensatore dichiarato diventa cardinale della Chiesa romana.

Partiamo dal principio che i cancellieri della Germania dell'Ovest, da Adenauer a Schmidt, hanno creduto all'Olocausto, almeno a grandi linee. D'altra parte, anche se non fosse stato così, si sarebbero ben guardati dal rivelare i loro dubbi. Durante la guerra fredda, la RFT aveva bisogno della protezione degli Stati Uniti contro la minaccia sovietica. Se i dirigenti di Bonn avessero messo in dubbio l'Olocausto o rinunciato ad istruire «processi ai criminali di guerra», la stampa americana, in gran parte sotto il controllo sionista, avrebbe reagito con un fuoco continuo di attacchi antitedeschi, e ciò avrebbe avvelenato le relazioni tra Bonn e Washington (si ricordi che i sionisti hanno calunniato Kurt Waldheim per anni per crimini di guerra puramente inventati; per paura d'essere tacciato di antisemitismo, nessun uomo politico occidentale ha più osato incontrare Waldheim fino a quando il ceco Vaclav Havel, uomo coraggioso e onesto, ruppe il maleficio).

Da una parte la RFT voleva dunque, grazie a questi processi, dare agli Stati Uniti l'immagine dell'alleato modello e portare la prova della propria ortodossia democratica, dall'altra, questi processi giocavano un ruolo importante nella politica interna. Mettendo in evidenza senza posa la brutalità unica del regime nazista, si giustificava nello stesso tempo il sistema democratico parlamentare che doveva la sua introduzione alla vittoria degli alleati. E facendo assistere ad ogni processo masse di scolaretti ci si proponeva di cancellare nella giovane generazione ogni traccia di spirito nazionale e di amor proprio, per assicurare la sua adesione alla politica di Bonn che prevedeva una subordinazione totale agli interessi degli Stati Uniti. Così i processi hanno giocato un ruolo essenziale nella «rieducazione» del popolo tedesco. Essi hanno contribuito a consolidare l'ordine del dopoguerra, al quale anche Bonn apportava il proprio sostegno e che si basava su due dogmi: la colpa esclusiva della Germania nello scatenamento della guerra e la crudeltà senza esempi nella storia del regime «nazista», crudeltà che aveva trovato la sua espressione compiuta nell'Olocausto.

Tutto questo indica che il fine dei processi non consisteva nel mettere i chiaro casi di colpevolezza individuale, ma era di natura puramente politica propagandistica.

Non si può affermare, naturalmente, che gli accusati fossero tutti innocenti; alcuni tra loro erano certamente degli assassini, altri erano dei carnefici. Ma la questione di sapere quali erano veramente colpevoli e quali non lo erano giocava un ruolo a tutti gli effetti secondario. In fondo nessuno si interessava ai personaggi seduti al banco degli accusati: essi erano intercambiabili.
Il semplice fatto che una perizia sull'arma del crimine, cioè sulle camere a gas, non sia stata reclamata in alcuno di questi processi, mostra che essi non sono stati condotti secondo i principi di uno Stato di diritto. Una tale perizia avrebbe rivelato l'impossibilità tecnica della gassazione di massa e la leggenda dell'Olocausto sarebbe caduta come un castello di carte.
Le sole prove a carico erano le testimonianze. Ex deportati, i testimoni odiavano naturalmente gli accusati, poiché le condizioni di vita nei campi di concentramento erano state estremamente dure, anche senza camere a gas e massacri sistematici. In queste condizioni i testimoni erano spinti ad addossare agli accusati, oltre a malefatte forse vere, crimini ancor più gravi. Essi non avevano niente da temere poiché nessun testimone è mai stato perseguito per falsa testimonianza in un processo a criminali di guerra tedeschi, nemmeno Filip Müller che dichiarò al processo di Auschwitz a Francoforte che un SS aveva gettato un bambino nel grasso bollente che colava dal corpo dei gassati durante l'incinerazione, o quell'altro testimone che raccontò che i Kapò - che erano essi stessi detenuti - organizzavano corse ciclistiche nella camera a gas fra due esecuzioni, poiché il locale si prestava molto bene a tali manifestazioni sportive, visto che era in pendenza affinché il sangue dei gassati potesse scorrervi (Nürnberger Nachrichten dell'11 settembre 1978).

Perché la maggior parte degli accusati ha riconosciuto l'esistenza delle camere a gas senza neppure tentare una contestazione?
A Norimberga, l'Olocausto è stato considerato, durante tutti i processi contro i criminali di guerra, un fatto di notorietà pubblica sul quale non c'era da discutere. La discussione verteva unicamente sulla colpa individuale dell'accusato. Se costui contestava l'esistenza delle camere a gas e lo sterminio degli ebrei, si metteva in una situazione assolutamente disperata e il suo «insistere» lo esponeva ad una pena particolarmente severa. Gli accusati sceglievano quasi sempre, d'accordo con gli avvocati, la tattica di non contestare l'esistenza delle camere a gas. Essi negavano solo la loro personale partecipazione alle gassazioni o, quando le testimonianze erano troppo pesanti, sostenevano di aver agito per ordini superiori.

Gli accusati che cooperavano potevano sperare in pene relativamente lievi, per quanto abominevoli potessero essere i crimini loro addebitati. Al processo di Belzec, nel 1965, l'unico accusato, Josef Oberhauser, è stato ritenuto responsabile di aver partecipato all'eliminazione di 300.000 persone, ma se ne è uscito con una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione. Motivo di questa clemenza: al momento del dibattito Oberhauser ha rifiutato ogni dichiarazione. Ciò voleva dire che non contestava l'accusa, cosicché la giustizia della Germania Occidentale poteva affermare ancora una volta che i colpevoli non avevano mai negato i massacri (Rückerl, op. cit., pp. 83-84). Al processo di Auschwitz, a Francoforte, l'accusato Robert Mulka, giudicato colpevole di gravi efferatezze, è stato condannato a 14 anni di prigione, pena criticata come troppo moderata. Quattro mesi più tardi tuttavia veniva messo in libertà per «ragioni di salute»: egli aveva accettato il gioco dell'accusa ed ammesso l'esistenza delle camere a gas. Quelli che hanno agito diversamente non hanno trovato clemenza. Kurt Franz, imputato al processo di Treblinka, è stato in prigione dal 1959 fino al 1993 poiché non ha cessato di contestare l'immagine ufficiale di Treblinka. Il suo co-accusato, Suchomel, secondo il quale gli ebrei entravano nella camere a gas nudi ed in buon ordine, non ha scontato che quattro anni.

È così che hanno fatto e fanno giustizia in Germania.

Un giudice e un procuratore che, in queste condizioni, mettessero in dubbio l'Olocausto o le camere a gas si esporrebbero subito, consapevolmente, all'irrimediabile rovina della loro carriera. Anche gli avvocati difensori non hanno mai messo in dubbio l'esistenza delle camere a gas, ma solamente la partecipazione al crimine dei loro clienti.

Il tema dei processi ai criminali di guerra è brillantemente esposto al capitolo 4 del Mito di Auschwitz di Wilhelm Stäglich; questo capitolo è la parte migliore di un libro già di per sè rimarchevole. Alla fine della sua opera Stäglich commenta in questi termini il risultato del processo di Auschwitz (pp. 382-383 della versione francese):

«[...] Questa maniera di determinare il verdetto richiama nel modo più penoso la procedura utilizzata nei processi alle streghe di altri tempi. Anche in quell'epoca, come ciascuno sa, il «crimine» propriamente detto non era che «presunto» perché esso era in fin dei conti impossibile a provarsi. Anche i giuristi più eminenti di quei tempi [...] sostenevano che, nel caso di «crimini difficili a provarsi», si poteva rinunciare a stabilire la materialità obiettiva del fatto se la «presunzione» deponeva in favore della sua esistenza. Quando si trattava di provare che vi era stato un commercio carnale con il diavolo o che un tal posto fosse un luogo di sabbah ed altre bubbole, i giudici di quell'epoca si trovavano esattamente nella stessa situazione dei nostri «illuminati» magistrati del ventesimo secolo di fronte alle «camere a gas». Essi erano obbligati a credervi, pena il finire sul rogo essi stessi; questo fu lo stesso dilemma per i giudici della Corte di Assise di Francoforte chiamati a pronunciarsi su Auschwitz».

I racconti dei «sopravvissuti all'Olocausto»

In Evas Geschichte (Wilhelm Heyne Verlag, 1991), Eva Schloss, figliastra di Otto Frank, racconta come sua madre sfuggì alla camera a gas grazie ad un intervento meraviglioso della Provvidenza. Il paragrafo termina così:

«Per ore i forni del crematorio bruciarono quella notte, fiamme arancioni fluirono dai camini verso il cielo nero come la notte» (p. 113).

Si trovano passaggi di questo genere in numerose testimonianze; le fiamme che uscivano dai camini dei crematori e si alzano alte nel cielo fanno parte dell'Olocausto. Bisognerebbe tuttavia far sapere ai sopravvissuti dell'Olocausto che le fiamme non possono uscire dal camino di un crematorio.

Compare in molti di questi racconti un'invenzione particolarmente ripugnante: quella che il grasso umano che colava dai cadaveri durante l'incinerazione venisse utilizzato come combustibile addizionale. Filip Muller scrive in Trois ans dans une chambre à gas d'Auschwitz:

«Accompagnato dal suo collaboratore Eckard, l'ingegnere dei lavori della morte discese nel fondo di una delle fosse dove tracciò due righe ad una distanza di 25-30 centimetri una dall'altra, che egli prolungò in senso longitudinale. Occorreva ora scavare in questo posto, seguendo il tracciato, un canalino in pendenza dal centro, verso i due lati opposti, per lo scolo del grasso dei cadaveri al momento della loro combustione; due serbatoi posti all'estremità dei rigognoli dovevano raccogliere questo grasso» (p. 178).

Ciò che ci racconta Filip Müller è impossibile: chiunque lo potrà verificare presso uno specialista di incinerazione. Tuttavia questa storia orribile ha trovato posto anche in un libro reputato serio come quello di Hilberg (p. 1406). Tali esempi permettono di capire come queste testimonianze nascano: un «sopravvissuto dell'Olocausto» racconta una storia, dopodiché tutti gli altri «sopravvissuti» la ricordano e la riprendono a loro volta, in modo del tutto acritico.

Ben inteso, il libro di un'Eva Schloss o di un Filip Müller possono anche contenere cose vere. Quando autori di questo tipo parlano di condizioni di lavoro e igieniche orribili, di fame, di sevizie occasionali o di esecuzioni si può ammettere che essi dicano la verità. Ex deportato, il revisionista Paul Rassinier conferma questi fatti nel proprio racconto (Le Mensonge d'Ulysse, La Vieille Taupe). Non ne desume tuttavia che i passaggi consacrati alle camere a gas ed alle azioni di sterminio programmato siano autentiche.

Ecco ora qualche estratto di testimonianze relative all'Olocausto:

Elie Wiesel a proposito del massacro di Babi Yar presso Kiev (documentato unicamente da testimoni oculari presentati dalle NKVD sovietiche; cf. l'articolo molto documentato di Mark Wolski in "Revue d'histoire révisionniste" n• 6, maggio 1992):

«Più tardi appresi da un testimone che, per mesi e mesi, il suolo non aveva cessato di tremare, e che, di tanto in tanto getti di sangue ne erano zampillati.» (Paroles d'étranger, Editions du Seuil, 1982, p. 86).

Kitty Hart in "I am alive" a proposito dei massacri di Auschwitz:

«Io sono stato con i miei occhi testimone di un delitto, non dell'assassinio di un uomo, ma dell'assassinio di esseri umani a centinaia, di infelici innocenti che, per la maggior parte, ignari del loro destino, erano stati condotti in una vasta sala. È una visione che è impossibile dimenticare. Fuori, una scala era appoggiata contro il muro di questo edificio che era abbastanza basso; essa permetteva di arrivare fino ad un piccolo lucernario. Una figura vestita da SS salì rapidamente i pioli; arrivato in alto l'uomo mise una maschera antigas e dei guanti, poi, tenendo con una mano il lucernario aperto, tolse dalla tasca un piccolo sacchetto il cui contenuto versò in fretta all'interno della costruzione; era una polvere bianca. Dopodiché egli chiuse prontamente il lucernario. Poi ridiscese rapido come la luce, gettò la scala al suolo e fuggì correndo, come se si sapesse inseguito da spiriti malvagi.
Nello stesso istante grida disperate degli infelici che soffocavano... Nel giro di cinque minuti, di otto minuti forse, tutti erano morti»
(da Le Mythe d'Auschwitz, pp. 207-208).

La non meglio identificata «polvere bianca» - sconosciuta alla chimica fino ad oggi - sembra talvolta aver fatto difetto ad Auschwitz, cosicché le SS si videro costrette a ricorrere ad altri metodi di assassinio. Eugène Aroneanu descrive questi metodi nel suo «racconto»:

«A 800-900 metri dal luogo dove si trovavano i forni, i detenuti montano su vagoncini che circolano sui binari. Ad Auschwitz sono di dimensioni differenti, e contengono da 10 a 15 persone. Una volta caricato, il vagoncino è messo in movimento su un piano inclinato ed entra a tutta velocità in una galleria. Alla fine della galleria si trova una parete: dietro c'è l'accesso al forno.
Quando il vagoncino viene a sbattere contro la parete, essa si apre automaticamente, il vagoncino si rovescia gettando nel forno il suo carico di uomini vivi [...]»
(Aroneanu, Camps de concentration, Office Francais d'édition, 1945, p. 182).

Al contrario di questa «esperienza vissuta», la testimonianza di Zofia Kossak (Du fond de l'abîme, Seigneur, Albin Michel, 1951) si limita alla descrizione di camere a gas, ma, secondo lei lo Zyklon non era versato; esso saliva da buchi praticati nel pavimento:

«[] Una suoneria stridente, e subito dopo, attraverso delle aperture del pavimento, il gas cominciava a salire.
Su un balcone esterno che dominava la porta, le SS osservavano con curiosità l'agonia, lo spavento, gli spasmi dei condannati. Era per loro uno spettacolo di cui questi sodici non si stancavano mai []. L'agonia durava da 10 a 15 minuti [].
Potenti ventilatori espellevano il gas. Mascherati i "Sonderkommando" apparivano, aprivano la porta che si trovava di fronte all'entrata; là vi era una rampa, dei vagoncini. La squadra vi caricava i corpi alla svelta. Altri ne restavano. E poi i morti potevano rinvenire. Il gas così dosato stordisce, non uccide. Capitava molte volte che le vittime caricate all'ultimo giro rinvenissero sul vagoncino. I vagoncini scendevano la rampa e si rovesciavano direttamente nel forno»
(p. 127-128).

Ad Auschwitz succedevano delle cose strane anche fuori delle camere a gas:

«Di tanto in tanto i medici SS si recavano al crematorio, in particolare gli ufficiali superiori Kitt e Weber. Quel giorno, ci si sarebbe creduti in un macello. Prima delle esecuzioni, questi due medici palpavano le cosce e le caviglie degli uomini e delle donne ancora in vita, come fanno i mercanti di bestiame per selezionare i capi migliori. Dopo le esecuzioni, le vittime erano stese su di un tavolo. I medici sezionavano allora i corpi, prelevando degli organi che gettavano in un recipiente [la versione tedesca originale, op. cit., p. 74, precisava: I recipienti sobbalzavano sotto l'effetto delle contrazioni dei muscoli»] (Filip Müller, Trois ans dans une chambre à gaz d'Auschwitz, p. 83).

Il sopravvissuto dell'Olocausto Yankel Wiernik stigmatizza il comportamento degli ucraini a Treblinka:

«Gli ucraini erano costantemente ubriachi e vendevano tutto quello che avevano potuto rubare nei campi per avere più soldi per l'acquavite [] Quando essi avevano rimpinzato lo stomaco ed erano ubriachi fradici, si mettevano in cerca di altre distrazioni. Sovente sceglievano le più belle ragazze ebree fra le donne nude che sfilavano, le trascinavano nelle loro baracche, le violentavano e le consegnavano infine alla camera a gas» (A. Donat, The Death Camp Treblinka, p. 165).

Gli autori descrivono come i circa 800.000 cadaveri di Treblinka sono stati eliminati senza lasciare tracce. Citiamo per cominciare un passaggio del libro di Jean-Francois Steiner, Treblinka:

«Biondo e magro, il viso dolce, l'aria distratta, egli arrivò un bel mattino, con la sua piccola valigia, davanti alle porte del regno della morte. Si chiamava Herbert Floss, era specializzato nella cremazione dei cadaveri. []
Il primo rogo fu preparato l'indomani. Herbert Floss svelò il suo segreto: la composizione del rogo-tipo. Come spiegò, tutti i cadaveri non bruciano nello stesso modo, c'erano dei buoni cadaveri e dei cattivi cadaveri, dei cadaveri refrattari e dei cadaveri infiammabili. L'arte consisteva nel servirsi dei buoni cadaveri per consumare quelli cattivi. Secondo le sue ricerche - e, se le si giudica dai risultati, esse erano molto avanzate - i vecchi cadaveri bruciavano meglio di quelli nuovi, i grassi meglio di quelli magri, le donne meglio degli uomini e i bambini meno bene delle donne, ma meglio degli uomini. Se ne concluse che il cadavere ideale era un vecchio cadavere di donna grassa. Herbert Floss li fece mettere da parte, poi fece anche scegliere gli uomini e i bambini. Quando un migliaio di cadaveri fu così dissotterrato e scelto, si procedette al carico, il buon combustibile di sotto e il cattivo di sopra. Egli rifiutò i bidoni di benzina e si fece portare della legna. La sua dimostrazione doveva essere perfetta. La legna fu disposta sotto la griglia del rogo in piccoli focolari che sembravano dei falò. Il momento della verità era suonato. Gli si portò solennemente una scatola di fiammiferi, egli si sporse, accese il primo fuoco, poi gli altri, e, mentre il legno cominciava a bruciare, egli riunì col suo buffo sussiego il gruppo di ufficiali che attendevano poco distanti.
Fiamme sempre più alte cominciarono a lambire i cadaveri, debolmente prima, poi con un impeto continuo come la fiamma di un saldatore. Ciascuno tratteneva il respiro, i tedeschi ansiosi ed impazienti, i prigionieri sconvolti, atterriti, terrorizzati. Solo Herbert Floss sembrava disteso, egli mormorava con aria distaccata, molto sicuro di sé: «Perfetto, perfetto». D'un tratto il rogo s'accese. Subito le fiamme si alzarono, liberando una nuvola di fumo, si diffuse un rombo profondo, i volti dei morti si torsero dal dolore e le carni scoppiarono. Lo spettacolo aveva qualcosa di infernale e le SS stesse restarono qualche istante pietrificate a contemplare il prodigio. Herbert Floss era raggiante. Quel rogo rendeva quel giorno il più bello della sua vita.
Un tale avvenimento andava festeggiato degnamente. Si fecero portare dei tavoli che furono posti di fronte al rogo, ricoperti di bottiglie di liquore, di vino e birra.
La giornata terminava, riflettendo le alte fiamme del rogo, il cielo si arrossava alla fine della pianura, dove il sole spariva in un incendio sfavillante.
Ad un segno di «Lalka», i tappi saltarono. Cominciava una festa straordinaria. Il primo brindisi fu dedicato al Führer. I manovratori delle scavatrici erano saliti sulle loro macchine. Quando le SS alzarono i loro bicchieri gridando, le scavatrici sembrarono animarsi e lanciarono repentinamente il loro lungo braccio articolato verso il cielo, in un saluto hitleriano vibrante e scattante. Fu come un segnale: dieci volte gli uomini alzarono le loro braccia nel saluto hitleriano. Le macchine animate rendevano il saluto agli uomini-macchina e l'aria vibrava di grida di gloria al Führer. La festa durò fino a che il rogo fu interamente consumato. Dopo i brindisi vennero i canti, selvaggi e crudeli, canti di odio, canti di furore, canti di gloria alla Germania eterna []»
(Jean-Francois Steiner, Treblinka, Arthème Fayard, 1966 pp. 332-335).

Wassilij Grossmann descrive anche lui l'incredibile capacità pirotecnica dei nazisti in "Die Hölle von Treblinka" (Edizioni in lingua estera, Mosca, 1946, citato da Historische Tatsachen, n• 44).

«Si lavorava giorno e notte. Persone che hanno partecipato alla cremazione dei cadaveri raccontano che questi forni sembravano dei giganteschi vulcani il cui orribile calore arrossava i volti degli operai, e che le fiamme raggiungevano da 8 a 10 metri di altezza []. A fine luglio il calore divenne soffocante. Quando si aprivano le fosse, il vapore bolliva come se uscisse da un gigantesco poiolo, L'orribile fetore ed il calore dei forni uccidevano le persone sfinite. Essi crollavano morti mentre si tiravano dietro i morti e cadevano sulle griglie dei forni.»

Yankel Wiernik ci offre altri dettagli sorprendenti:

«Si imbevevano i cadaveri di benzina. Questo dava luogo ad uno spreco notevole ed il risultato era insoddisfacente; i cadaveri degli uomini non riuscivano più a bruciare. Ogni volta che appariva un aereo in cielo tutto il lavoro si fermava ed i cadaveri venivano coperti con del fogliame per proteggerli dalla ricognizione aerea. Era uno spettacolo atroce, il più spaventoso che un occhio umano avesse mai visto. Quando si incinerivano i cadaveri di donne incinte, i loro ventri scoppiavano e si potevano vedere gli embrioni bruciare nei corpi delle madri [].
I gangster si trattengono vicino alle ceneri e sono scossi da spasmi di riso. I loro visi raggiano di una gioia veramente diabolica. Essi brindano sul luogo con dell'acquavite e gli alcolici più scelti, mangiano, scherzano e si mettono a loro agio scaldandosi al fuoco»
(A. Donat, The Death Camp Treblinka, pp. 170-171).

Per superare facilmente la tensione che regnava a Treblinka, i tedeschi e gli ucraini cercavano la distensione nella musica. Ecco quello che racconta l'esperta di Olocausto Rachel Auerbach:

«Per rendere più bella la monotonia degli assassinî i tedeschi fondarono a Treblinka un'orchestra ebrea []. Questa cosa permetteva il raggiungimento di due fini: per prima cosa i suoni coprivano le grida ed i gemiti delle persone spinte verso le camere a gas e per seconda si incaricava del divertimento della truppa del campo che era rappresentata da due nazioni melomani: i tedeschi e gli ucraini» (Donat, p. 4).

Alexander Pechersky descrive in Die Revolte von Sobibor il modo in cui si svolgevano i massacri in questo campo:

«A prima vista, si ha veramente l'impressione di entrare in una camera da bagno come le altre: rubinetti di acqua calda e fredda, vasche per lavarsi []. Appena le persone sono entrate, le porte si chiudono pesantemente. Una sostanza nera e pesante esce in volute dai buchi praticati nel plafone. []» (citato da Mattogno, Il mito dello sterminio ebraico).

Secondo gli «storici» attuali, tuttavia, i 250.000 assassinî perpetrati a Sobibor non sono avvenuti per mezzo di una «sostanza nera e pesante», ma per mezzo del gas di scappamento.

Dove sono i milioni che mancano?

È all'americano d'origine tedesca Walter Sanning che si deve lo studio demografico di gran lunga più importante sul destino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Nella sua opera innovatrice "The Dissolution of Eastern European Jewry" (IHR, Costa Mesa, 1983), Sanning procede come segue: egli si fonda quasi esclusivamente su fonti ebraiche anglo-americane e non accetta documenti tedeschi se non quando sia provato che sono emanati da fonti antinaziste. Noi riassumiamo qui brevemente le inchieste di Sanning sui paesi chiave che sono la Polonia e l'Unione Sovietica, coloro che fossero interessati ai dettagli e alle statistiche concernenti gli altri paesi possono procurarsi essi stessi il libro.

Si parla spesso di 3,5 milioni di ebrei viventi in Polonia nel 1939. Si arriva a questa cifra prendendo per base, per gli anni posteriori al 1931 - data dell'ultimo censimento, che aveva contato 3,1 milioni di ebrei - un tasso di crescita massimo, non tenendo conto dell'emigrazione massiccia degli ebrei. Fra il 1931 e il 1939 centinaia di migliaia di ebrei sono emigrati per difficoltà economiche e per l'antisemitismo sempre più aggressivo dei polacchi. Lo stesso Istituto di storia contemporanea di Monaco valuta a circa 100.000 per anno gli emigranti ebrei degli anni Trenta. Ne consegue che nel 1939 non si possono trovare in Polonia più di 2,7 milioni di ebrei (2,633 milioni secondo Sanning).

Una parte considerevole di questi ebrei viveva nei territori occupati dall'Unione Sovietica. Inoltre quando Hitler e Stalin si divisero la Polonia, centinaia di migliaia di ebrei fuggirono dall'Ovest verso l'Est. Non restò nella Polonia occidentale annessa dalla Germania e nella Polonia centrale, anch'essa passata sotto il controllo tedesco con il nome di «Governatorato Generale», che un milione di ebrei o poco più (800.000 secondo Sanning). Gli ebrei dimoranti in territorio sotto controllo tedesco furono concentrati nei ghetti e dovevano aspettarsi costantemente di essere costretti al lavoro obbligatorio, il loro destino era in ogni modo funesto, con o senza le camere a gas. Le epidemie e la fame hanno fatto decine di migliaia di vittime nei ghetti.

Quando le truppe tedesche penetrarono in Unione Sovietica nel giugno 1941, la maggior parte degli ebrei - l'80 % secondo informazioni sovietiche ufficiali (per esempio, David Bergelson, presidente del comitato antifascista ebreo-sovietico) - furono evacuati e disseminati in tutto il territorio dell'immenso impero. Ciò accadde anche per gli ebrei polacchi passati sotto il controllo di Stalin dopo il 1939. Gli ebrei russi che vennero a trovarsi sotto la dominazione tedesca non erano più di 750.000. La guerra, i massacri dovuti alle Einsatzgruppen ed i pogrom scatenati dalla popolazione locale furono certamente sanguinosi, ma la grande maggioranza degli ebrei sopravvisse.

A partire dal 1942 i tedeschi cominciarono ad inviare nelle regioni conquistate ad Est ebrei di tutti i paesi sotto il loro controllo. Questa era la «soluzione finale della questione ebraica». Gli ebrei trasferiti furono chiusi nei ghetti. Il destino di questi deportati è stato pochissimo studiato fin qui; poiché queste operazioni di deportazione contraddicevano il mito dell'Olocausto, i vincitori hanno distrutto o fatto sparire nel limbo delle biblioteche i documenti relativi (gli archivi del solo ministero tedesco degli Affari Esteri confiscati da funzionari americani rappresentavano circa 485 tonnellate di carta - vedere W. Shirer, "The Rise and Fall of the Third Reich", New York, 1960, pp. IX, X - di cui solo una parte è stata finora pubblicata). Le «testimonianze dei sopravvissuti», dei deportati ritornati, venivano insabbiate poiché andavano contro la tesi della eliminazione degli ebrei europei nei campi di sterminio. Agli stessi sterminazionisti non resta altro che ammettere le deportazioni massicce degli ebrei verso la Russia; Gerald Reitlinger, per esempio, tratta il soggetto in modo relativamente dettagliato in The Final Solution (Ed. Valentine, Mitchel & Co., 1953). Il fatto che i nazisti avessero fatto passare masse di ebrei in prossimità di sei campi «di sterminio» funzionanti a pieno regime per inviarli in Russia e stabilirveli nel momento in cui essi avevano , sembra, deciso da lungo tempo la distruzione fisica integrale del giudaismo, costituisce tuttavia per gli sterminazionisti un fatto inspiegabile.

Non si può stabilire in modo preciso il numero di questi deportati. L'esperto di statistica SS Richard Korherr giudica che nel marzo 1943 la cifra ammontasse a 1,873 milioni, ma bisogna dire che il rapporto Korherr non è assolutamente aff1dabile.
Steffen Werner tratta del trasferimento degli ebrei in Bielorussia nel suo libro "Die zweite babylonische Gefangenschaft" (Grabert, 1992). Benché si debba leggerlo con prudenza, questo libro accumula indizi che tendono a mostrare che un numero molto elevato di ebrei fu inviato nella parte occidentale della Bielorussia e che essi vi restarono dopo la fine della guerra. Un grande numero di ebrei polacchi rifugiati o deportati in Unione Sovietica vi sono certamente restati volontariamente, perché essi avevano perduto in Polonia tutti i beni che possedevano e avrebbero dovuto ripartire da zero. Inoltre il governo sovietico seguiva ancora in quel momento una politica ostentatamente filo-semita, che non ebbe alcun cenno a cambiare se non poco prima della morte di Stalin.

Sembrava quasi inverosimile che un numero notevole di ebrei dell'Europa occidentale e dell'Europa centrale siano restati volontariamente in Unione Sovietica. Sono stati trattenuti contro la loro volontà? Quanti hanno trovato la morte, quanti sono rientrati a casa loro o sono emigrati più lontano? Che cosa è avvenuto per esempio delle migliaia di ebrei olandesi che sono stati deportati in Bielorussia via Birkenau e Sobibor? Tutte queste domande restano senza risposta. È venuto il momento, dopo circa mezzo secolo dalla fine della guerra, di aprire gli archivi e di favorire la ricerca storica seria invece di processare ricercatori di valore come Faurisson, di vietare gli studi fondati sui principi della ricerca scientifica come il Rapporto Leuchter e di mettere all'indice un libro come "Il Mito di Auschwitz" di Stäglich.

La dispersione

Dopo la guerra centinaia di migliaia di ebrei sono emigrati in Palestina, negli Stati Uniti e in diversi altri paesi (esistono 70 comunità giudaiche sparse nel mondo, raggruppate in seno al Congresso mondiale ebraico). La descrizione di queste onde di emigrazione costituisce uno degli aspetti più interessanti del libro di Sanning.

Sanning mostra attraverso quali vie fantastiche molti ebrei hanno raggiunto la loro nuova patria. Un certo numero si arenarono a Cipro o in Persia prima di arrivare alla loro vera destinazione; altri si attardarono in Marocco o in Tunisia. Tutte queste informazioni sono confermate da statistiche demografiche ufficiali e da citazioni estratte da opere di autori ebrei.

Secondo i calcoli di Sanning le perdite ebraiche nei territori dell'Unione Sovietica occupata dai tedeschi ammontano a 130.000 e quelle negli stati europei a poco più di 300.000. Egli indica che il numero reale delle vittime potrebbe però essere sensibilmente inferiore o al contrario più elevato di qualche decine di migliaia. La seconda possibilità ci sembra di gran lunga la più verosimile. È certamente molto improbabile, anche se non del tutto escluso, tenuto conto del numero di fattori di incertezza, che le perdite umane [vale a dire per tutte le cause, gas ovviamente escluso] del popolo ebraico, nella sfera di influenza tedesca, siano ammontate a un milione circa ed è da questa cifra che partì il pioniere revisionista Rassinier, ex deportato antifascista.

La cifra di sei milioni

La cifra mitica di sei milioni di ebrei assassinati è apparsa fino dal 1942 nella propaganda sionista. Nahum Goldmann, futuro presidente del Congresso mondiale ebraico annunciava il 9 maggio 1942 che, di 8 milioni di ebrei che si trovavano in potere di Hitler, da 2 a 3 milioni solamente sopravvivevano (Martin Gilbert, Auschwitz und die Alliierten, C.H. Beck, 1982, p. 44). In seguito le statistiche demografiche sono state manipolate fino a che la cifra desiderata non fosse raggiunta, almeno approssimativamente. Per far questo gli storiografi conformisti procedono come segue:

Per gran tempo, dell'enorme emigrazione dall'Europa anteguerra, non tengono conto altro che della Germania e dell'Austria.
Ignorano l'emigrazione, tutt'altro che trascurabile, di ebrei durante la guerra.

Si basano sui risultati dei primi censimenti del dopoguerra che datano 1946 o 1947 e sono dunque posteriori all'emigrazione di centinaia di migliaia di ebrei nei territori extraeuropei;

Trascurano l'evacuazione massiccia, attestata da fonti sovietiche inconfutabili, di ebrei sovietici dopo l'entrata dei tedeschi in Unione Sovietica e passano sotto silenzio la fuga di gran parte degli ebrei polacchi verso l'Unione Sovietica.

Tutti gli ebrei trasferiti in Russia dai tedeschi e rimasti colà sono dichiarati assassinati. Sono ugualmente considerati come vittime dell'Olocausto tutti gli ebrei morti nei campi di lavoro sovietici in seguito alle deportazioni staliniane e tutti i militari o i partigiani ebrei dei paesi in guerra contro l'Asse morti in combattimento.

Gli sterminazionisti non prendono in considerazione fattori come il tasso negativo di crescita demografica conseguente all'emigrazione massiccia e alla divisione delle famiglie.


Esponiamo due esempi di metodi di lavoro degli sterminazionisti:

Primo esempio: un ebreo polacco emigra in Francia negli anni Trenta come decine di migliaia di suoi correligionari. Egli viene qui arrestato nel 1942 ed inviato in un campo di concentramento. Secondo i calcoli dell'avvocato sionista Serge Klarsfeld, 75.721 ebrei residenti in Francia sono stati deportati durante l'occupazione tedesca. Più di due terzi di essi avevano passaporti stranieri, poiché Pétain vedeva di cattivo occhio la deportazione di cittadini francesi. Al fine di gonfiare al massimo il numero delle vittime Klarsfeld, nel suo Mémorial de la déportation des Juifs de France, considera morti tutti gli ebrei deportati che, fin dal 1945, non avessero dichiarato il loro ritorno al ministero degli ex combattenti. Però una tale dichiarazione non era per nulla obbligatoria. Ancora, molti degli scampati ebrei di nazionalità straniera sono emigrati immediatamente in Palestina, in America o altrove.

Ammettiamo che l'ebreo menzionato nel nostro esempio sia emigrato in America del Sud dopo il suo ritorno da un campo di lavoro nel 1945. Egli figura due volte nelle statistiche dell'Olocausto: in primo luogo fa parte degli ebrei che vivevano ancora in Polonia nell'ultimo censimento del 1931, ma non vi era più dopo la guerra ed era per conseguenza stato gassato; in secondo luogo egli non ha dichiarato il suo ritorno in Francia al ministero degli ex combattenti prima della fine del dicembre 1945 ed è stato di conseguenza uno degli ebrei di Francia gassati. Egli, pur essendo vivo, risulta morto dunque due volte.

***

Secondo esempio: una famiglia ebrea, chiamiamola Süssmann, viene arrestata dai nazisti nel 1942. Il marito viene inviato in un campo di lavoro, la moglie e i suoi due bambini sono invece mandati in un ghetto dove lei si crea una nuova comunità familiare. A guerra terminata la donna emigra in Israele con i suoi bambini e col nuovo partner, che lei sposa laggiù. Ella fa passare il suo primo marito come scomparso e questi entra nelle statistiche dell'Olocausto. In realtà, nel 1945 egli è emigrato negli Stati Uniti, dove ha fatto registrare il decesso della moglie e dei figli. Ma se qualcuno avesse in seguito l'idea di cercare negli Stati Uniti un certo Jakob Sussmann, non ci riuscirebbe perché Jakob Sussmann non esiste più. Un avviso di decesso apparso in Aufbau, giornale ebreo germanofono di New York, informa che «il 14 marzo 1982 è deceduto improvvisamente il nostro caro padre, padrigno e nonno James Sweetman (Süssmann) precedentemente Danzig [...]».

La rivista Historische Tatsachen (n• 52) dà altri esempi, estratti da Aufbau, di simili cambiamenti di nomi: Königsberger diviene King; Oppenheimer, Oppen; Malsch, Maier; Heilberg, Hilburn; Mohrenwitz, Moore; Gunzburger, Gunby. La famiglia Süssmann ha dunque fornito quattro nomi alle statistiche dell'Olocausto, benché tutti i suoi membri siano sopravvissuti alla guerra.


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- goku7   Olocausto   Oct 1 2007, 05:08 PM
- - kekko ssj5   d'oh! ho aperto un topic uguale io!...   Oct 1 2007, 05:09 PM
- - Vegeta666   hai sbagliato a fare il sondaggio....si può votar...   Oct 1 2007, 05:10 PM
- - goku7   Bè cancelleranno uno dei 2 L'olocausto esis...   Oct 1 2007, 05:10 PM
- - kekko ssj5   CITAZIONE (goku7 @ Oct 1 2007, 06:10 PM) ...   Oct 1 2007, 05:12 PM
- - goku7   Vegeta666 l'ho aggiustato puoi votare, ora sen...   Oct 1 2007, 05:13 PM
- - superVegeta   sisi esiste   Oct 1 2007, 05:16 PM
- - freezer92   Esiste certamente!!   Oct 1 2007, 05:20 PM
- - vegekou9324   esiste esiste   Oct 1 2007, 05:26 PM
- - goku7   Bè x ora schiacciante la percentuale del si.. Io ...   Oct 1 2007, 05:51 PM
- - pilaf   ma che domande sn , certo che esiste!!...   Oct 1 2007, 05:54 PM
|- - goku7   CITAZIONE (pilaf @ Oct 1 2007, 06:54 PM) ...   Oct 1 2007, 05:57 PM
- - trunks the final ssj 4   secondo me esiste   Oct 1 2007, 05:56 PM
- - ))((BOJACK90))((   ovvio ke ce stato....ma non ce stato solo quello.....   Oct 1 2007, 05:56 PM
- - Junior jr   sisi esiste   Oct 1 2007, 05:57 PM
- - Ssj Tarles   certo ke esiste!   Oct 1 2007, 07:08 PM
- - MAX33   I milioni di ebrei uccisi barbaramente dimostrano ...   Oct 1 2007, 07:10 PM
- - Il SuPeR SaYaN PrEsCeLtO   purtroppo è esistito, e ha fatto molte vittime in...   Oct 1 2007, 07:11 PM
|- - Ssj Tarles   CITAZIONE (Il SuPeR SaYaN PrEsCeLtO @ Oct 1 2...   Oct 1 2007, 07:15 PM
- - ))((BOJACK90))((   le foibe non sono da meno.......   Oct 1 2007, 07:37 PM
|- - pilaf   CITAZIONE ())((BOJACK90))...   Oct 1 2007, 07:46 PM
- - goku7   Grazie a tt raga sono contento ke nessuno di voi a...   Oct 1 2007, 08:13 PM
- - gogeta01   Purtropo esistono a meno ke milioni di ebrei zinga...   Oct 1 2007, 08:15 PM
- - *BAD CYBORG*   CITAZIONE Grazie a tt raga sono contento ke nessun...   Oct 1 2007, 08:55 PM
- - goku7   Bè con 6 milioni nn si intende soltanto ebrei ma ...   Oct 1 2007, 09:15 PM
- - *BAD CYBORG*   CITAZIONE Bè con 6 milioni nn si intende soltanto...   Oct 1 2007, 09:23 PM
- - MajinGogetaSSj4   Voto NO... appoggio gran parte di quello che ha de...   Oct 1 2007, 09:31 PM
- - FINALGOKU   I dati che ho trovato io sono questi : http://www...   Oct 2 2007, 07:45 AM
- - goku7   BAD CYBORG ho capito nn saranno 6 milioni ma resta...   Oct 2 2007, 08:25 AM
- - Majin Re Leonida   esiste ke topic e goku e normale le persone ke han...   Oct 2 2007, 09:07 AM
- - Il SuPeR SaYaN PrEsCeLtO   anche oggi esistono prigioni dove torturano i prig...   Oct 2 2007, 11:29 AM
- - kekko ssj5   CITAZIONE I morti sul lavoro è un altro conto... ...   Oct 2 2007, 12:59 PM
|- - goku7   CITAZIONE (kekko ssj5 @ Oct 2 2007, 01:59...   Oct 2 2007, 02:19 PM
- - super_vegeta   beh c'è stato,xò è stato ingigantito..cmq n...   Oct 2 2007, 02:20 PM
- - *BAD CYBORG*   CITAZIONE BAD CYBORG ho capito nn saranno 6 milion...   Oct 2 2007, 02:45 PM
|- - goku7   CITAZIONE Allora ora trovami dove io ho detto che ...   Oct 2 2007, 02:52 PM
- - kekko ssj5   CITAZIONE In primis non ho fatto un paragone tra l...   Oct 2 2007, 02:56 PM
- - super_vegeta   io sn giunto alla conclusione ke i crimini nazisti...   Oct 2 2007, 02:58 PM
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|- - Vegeta666   CITAZIONE (MajinGogetaSSj4 @ Oct 2 2007, 04...   Oct 2 2007, 04:43 PM
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|- - goku7   CITAZIONE (Rossifumi @ Oct 4 2007, 04:58 ...   Oct 4 2007, 04:07 PM
|- - Rossifumi   CITAZIONE (goku7 @ Oct 4 2007, 05:07 PM) ...   Oct 4 2007, 04:22 PM
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- - super_vegeta   ragazzi,km avevo detto,credo ke la cosa + giusta d...   Oct 4 2007, 03:05 PM
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|- - MajinGogetaSSj4   CITAZIONE (kekko ssj5 @ Oct 4 2007, 06:56...   Oct 4 2007, 06:19 PM
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- - _sPiDeRmAn_   e ovvio che è esistito,i milioni di ebrei morti c...   Oct 6 2007, 10:48 AM
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